LA STORIA È UN AFFARE DI PADRI E FIGLILa Repubblica
Non è un film su Craxi, ma è innegabilmente un film su Craxi. Il protagonista di Hammamet non ha nome, ma è un segretario del PSI che "alla fine del secolo scorso", malato, si trova latitante in Tunisia, inseguito da due condanne della magistratura, accudito dalla figlia e dalla moglie. E lascia ipnotizzati il mimetismo di Pierfrancesco Favino, una performance con pochi precedenti nella storia del cinema. La vicenda, oltretutto, salda insieme due binari: da un lato una riflessione non tanto sulla cronaca quanto sul senso della storia, sulla fisiologia del potere vista dal privato, e dall' altro un filo narrativo che è inconfondibilmente "alla Amelio". Ma soprattutto, come negli altri film del regista, siamo davanti a un confronto tra padri e figli: "Craxi" è raggiunto da Fausto, figlio di un vecchio compagno suicida, intenzionato a ucciderlo, ma tra i due scatta uno strano rapporto. Su queste basi, il gioco realtà/ finzione si fa complesso ma per gran parte del film tiene, e diremmo soprattutto quando la politica è filtrata da una dimensione umana. Anche se alla fine, come se temesse di non aver abbastanza romanzo, di essere incastrato tra il vero e il falso, Amelio accumula svolte ed eventi, con almeno tre finali non sempre intonati. Non è difficile capire cosa ha affascinato il regista nella storia. Fuori si intravede una Tunisia povera, piena di bambini: in fondo, forse, l'Italia di un tempo, quella che Amelio aveva già dislocato in Albania ai tempi di Lamerica. Anche se il regista ha dichiarato che il vero protagonista del film è Fausto, in realtà questi è soprattutto un tramite per lo spettatore: il film è tutto filtrato dal punto di vista di "Craxi", e lo spettatore non può che stare dalla parte di questo eroe tragico, che guarda alla storia sconfitto ma orgoglioso.