MULTISALA ODEON AVOLA

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Matinè cinematografici
CICOGNE IN MISSIONE
è un sorprendente omaggio alla famiglia, lancia un importante messaggio a tutti i genitori e diverte gli spettatori di ogni età.
Disseminato di gag geniali (la “formazione lupo” vi farà cappottare dalle risate), Cicogne in missione racconta due storie in parallelo.
La prima è quella di Nat, un bambino trascurato da due genitori che mettono il lavoro al primo posto, che desidera ardentemente un fratellino, possibilmente con capacità ninja. Per questo invia una lettera a Monte Cicogna, il luogo dove un tempo la fabbrica dei bambini era in piena attività, mentre ora è un magazzino dismesso dove viene spedita ad annoiarsi la combinaguai Tulip.
L’ altra riguarda Junior, la più produttiva delle cicogne a un passo dall’agognata promozione, incaricata di “licenziare” l’ormai diciottenne Tulip. La lettera di Nat innescherà una serie di divertentissime coincidenze che porteranno Tulip e Junior a fare squadra per consegnare l’ultimo dei bambini. O sarà il primo?


La critica al consumismo si evidenzia mostrando come i sogni di maternità siano stati sostituiti dai desideri di futili oggetti acquistati online. Le cicogne ora sono a capo di una delle più importanti aziende di recapito pacchi, in barba a chi di figli (o fratellini) ancora ne vorrebbe. Ma basta un’occhiata a una paio di dolci occhioni per cambiare tutto…
Il film, con sottile ironia, bacchetta sulle mani anche i genitori, troppo impegnati con il lavoro per dedicarsi anche ai figli. Da tenere bene a mente una scena, cruciale, del film in cui i genitori si rendono conto che a volte basta saper spegnere il cellulare per riuscire a dedicare tempo ai propri figli. Magari poco, ma sicuramente di qualità. E, perché no?, usato per costruire insieme la più vistosa pista di atterraggio per cicogne mai vista…
Oltre ai protagonisti Tulip, Junior e Nat, Cicogne in missione è arricchito da tantissimi strambi personaggi che danno profondità e spessore al film. Come il piccione Toady (doppiato da Vincenzo Salemme), determinato a soffiare il posto a Junior, l’avido boss Hunter, la squadra di lupi innamorati della piccola Diamantina e il reietto Jasper.
Fin dai tempi più antichi le cicogne hanno portato i bambini alle loro nuove famiglie, partendo dal picco del Monte Cicogna. Il boss delle cicogne però dopo un incidente, decide di destinare le cicogne a spedire pacchi contenenti oggetti come telefoni, gadget e oggetti che le persone ordinano da casa. Tulip è un'adolescente di 18 anni che vive con le cicogne, dato che una di esse voleva tenerla e ha rotto il suo localizzatore, cancellando l'indirizzo della sua nuova casa. Da questo incidente, che porta le cicogne a smettere di portare bambini, è nata Cornerstore.com ditta per la quale Junior lavora. Junior invece è una cicogna che dovrebbe diventare il Boss, prendendo il posto del Boss precedente, che diventa a sua volta il presidente dell'azienda. Junior diventerà boss solo ad una condizione: dovrà licenziare Tulip (che il vecchio boss considera molto pasticciona) e ridarla al mondo degli umani. Junior però non trova parole per licenziare la ragazza e le affida il reparto smistamento lettere, facendole promettere di non uscire mai dalla stanza. Tulip è sorpresa, ma passa il tempo ad annoiarsi perché non riceve alcuna lettera. Fino al momento in cui Nate, un bambino ed e figlio unico, inizia a desiderare un fratellino. I suoi genitori non si occupano molto di lui, in quanto parecchio impegnati col lavoro. Un giorno in soffitta, Nate trova un volantino delle cicogne e scrive una lettera chiedendo un fratellino, firmando col nome dei genitori. Junior scopre che Tulip è uscita dall'ufficio e la raggiunge nel vecchio magazzino dove si creavano i bambini da spedire in tutto il mondo. Tulip e Junior combinano un pasticcio e creano così un bambino. Partono con un aeroplano costruito da Tulip visto che Junior ha un'ala rotta a causa del pasticcio combinato nel reparto creazione bambini ma vengono seguiti dalla cicogna esiliata che voleva tenere Tulip quando era una bambina. Inizia così la fantastica avventura di Tulip e Junior per portare la sorellina di Nate a casa.



La Direzione della Multisala Odeon di Avola si pregia di invitare gli alunni delle scuole materne ed elementari ad assistere alla visione del nuovo film animazione ”Cicogne in missione” che racconta ai bambini, in modo vivace e divertente, una storia originale sulla celebre leggenda delle cicogne. Il film permetterà loro di scoprire il valore della famiglia, sottolineando l'importanza di trovare tempo e spazio per i nostri cari, in una società che ci costringe a vivere super impegnati e travolti da infiniti stimoli legati all'essere sempre connessi e raggiungibili.
La proiezione avrà luogo dal 21 al 26 Novembre cm, in data e ora da concordare.
Il costo del biglietto d’ingresso per alunni e genitori accompagnatori è di 2 euro.

La trama: Una volta le cicogne portavano i bambini poi le cose sono cambiate e ora trasportano soltanto telefoni cellulari. Ma un bambino, solo e trascurato dai genitori, decide di mandare una lettera che cambierà le cose per sempre…
IN GUERRA PER AMORE
Trama:
NEW YORK 1943
Mentre gli Stati Uniti sono nel pieno della Seconda Guerra, Arturo Giammarresi, un umile lavapiatti palermitano emigrato a New-York, deve risolvere una difficile situazione sentimentale.
Arturo ha una relazione clandestina con Flora, la bellissima nipote di Alfredo, il proprietario del ristorante per cui lavora. A ostacolare il loro amore è Carmelo: non un rivale qualunque, ma il figlio del potente boss Don Tano Piazza, il temuto e rispettato braccio destro di Lucky Luciano. Al rampollo di casa Piazza, lo Zio Alfredo ha promesso in sposa la bella nipote. E, nonostante le ritrosie della ragazza, non può e non vuole rimangiarsi la parola data.
È una situazione disperata. Arturo e Flora sembrano destinati a un destino infelice. Ma non tutto è perduto, perché c’è qualcuno che può ancora opporsi a questo matrimonio: il padre di Flora. Sembra tutto risolto se non fosse per un piccolo inconveniente...l’uomo non abita a New-York, ma in uno sperduto paesino siciliano!
Arturo, che è un giovane squattrinato, ha un solo modo per raggiungere l’isola: arruolarsi nell’esercito americano che sta preparando lo sbarco in Sicilia, l’evento che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell’Italia e della Mafia.
E così la notte del 10 luglio del 1943 tra i soldati statunitensi che arrivano sull’isola c’è anche Arturo. Mentre gli alleati sono lì per liberare l’isola dai nazifascisti, il suo unico obiettivo è trovare il padre della ragazza e ottenere il suo sì.
In Sicilia Arturo incontrerà il tenente Philip Catelli che porta con sé informazioni top-secret.
Fra i due nasce una sincera amicizia: Arturo aiuterà il tenente a fraternizzare con i siciliani e a capirne i lati più contorti della loro lingua e della mentalità. Il tenente Catelli, invece, farà scoprire ad Arturo una verità sullo sbarco che doveva rimanere segreta: l’aiuto chiesto dai servizi militari americani a Cosa Nostra.
Attraverso la romantica storia d’amore tra Arturo e Flora, il film racconta uno degli eventi simbolo della seconda guerra mondiale e l’origine dell’ascesa della mafia nel dopoguerra.

Regia: Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF
Con: Pif, Andrea Di Stefano, Miriam Leone
Genere: commedia con riferimenti storici
Destinatari: Scuole di ogni Ordine e Grado


INTERVISTA A PIF
Pif, In guerra per amore è legato a un doppio filo al suo primo film ma è anche figlio della commedia all’italiana più classica.
"Cercavo un racconto che, mantenendo lo spirito del mio primo film "La mafia uccide solo d’estate", mostrasse un piccolo uomo davanti a grandi eventi storici. Un film che, nella migliore tradizione della commedia italiana, facesse scorrere su un binario parallelo una storia privata e la Storia. La nostra ambizione era dar vita - pensando con rispetto, umiltà e senso delle proporzioni – a un capolavoro come "Tutti a casa " di Luigi Comencini, e abbiamo cercato di farlo con una commedia ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale. Romantica, divertente ma anche amara perché mostra come un evento storico, apparentemente distante, abbia creato le condizioni per l’ascesa della mafia segnando la storia del nostro Paese. Lo spunto iniziale nasce dalla tormentata storia d'amore del giovane siciliano Arturo (il mio personaggio) che, all'inizio degli anni ’40, si trasferisce a New York e inizia a lavorare in un ristorante dove si innamora della bella nipote del proprietario, Flora (Miriam Leone). Vorrebbe sposarla ma lo zio della ragazza l'ha promessa al figlio del boss mafioso locale. Arturo allora, su indicazione di Flora, parte per un paesino della Sicilia per chiederla in sposa al padre. Squattrinato e disorientato, il giovane, pur di arrivare a destinazione, si arruola in maniera bizzarra nell’esercito americano che sta preparando lo sbarco in Sicilia, un evento che cambierà per sempre la storia dell'isola, dell’Italia e della mafia. Si troverà così ad essere testimone di un patto di collaborazione che l'esercito degli alleati angloamericani stipulò con Cosa Nostra e finirà con l'affiancare il tenente Philip Catelli (Andrea Di Stefano), aiutandolo a decifrare la mentalità locale, cercando di spiegargli come vanno le cose in  Sicilia e come sono fatti i suoi conterranei. Sullo sfondo, altre storie, come quella di Teresa (Stella Egitto), una giovane donna determinata e fiera che aspetta il ritorno del marito prigioniero di guerra e vive con il figlio e il suocero e quelle di Saro e Mimmo (Sergio Vespertino e Maurizio Bologna), che aiuteranno Arturo ad incontrare il padre della donna che ama".

"Come è nato questo film?"
"Ho scritto ancora una volta il soggetto e la sceneggiatura con Michele Astori e Marco Martani con l'intento di ambientare una storia nel periodo della Resistenza e in particolare su un momento della Liberazione di cui non si è mai parlato abbastanza, lo sbarco delle forze alleate in Sicilia nel 1943 (un anno prima rispetto a quello in Normandia) che ha segnato indelebilmente il nostro Paese, caratterizzato da un patto di collaborazione e di alleanze strette con la mafia, destinate a durare nel tempo. Volevamo raccontare un fatto inedito, relativo a un periodo storico che si sarebbe rivelato decisivo per decenni. Un aspetto della liberazione poco indagato dal cinema: in "Patton generale d'acciaio", un film del 1970 scritto da Francis Ford Coppola e diretto da Franklin J. Schaffner, ad esempio, il racconto delle vicende belliche del celebre comandante americano che si spostava dal Nord Africa a Napoli evitando qualsiasi riferimento al periodo da lui trascorso con gli Alleati in Sicilia. Nello stesso anno era poi uscita nelle sale anche una commedia di Nanni Loy con Nino Manfredi e Peter Falk intitolata "Rosolino Paternò soldato" che, pur essendo ambientata al momento dello sbarco del 1943, non faceva alcun riferimento alla mafia. L’argomento era assolutamente inedito anche se, in fase di scrittura, abbiamo pensato che forse stavamo ragionando con un'ottica da osservatori dei nostri giorni, dotati di un senso antimafia che all'epoca non esisteva. Dubbi che sono svaniti quando, durante le nostre ricerche, abbiamo scoperto a Londra un documento originale recentemente desecretato che ci ha tolto ogni preoccupazione".

"Di quale scoperta si tratta?"
"Quella del cosiddetto Rapporto Scotten, dal nome dell’ufficiale al quale, nel 1943, fu chiesta una relazione scritta sul tema "Il problema della mafia in Sicilia". Questo rapporto ci ha confermato che la questione mafia per gli americani in guerra era all'ordine del giorno e che, già durante la guerra, il capitano Scotten valutava l'opportunità di combattere la mafia per tenerla sotto controllo, oppure quella di accordarsi e allearsi con Cosa Nostra, ipotesi che avrebbe creato danni incalcolabili di cui il futuro avrebbe presentato il conto, o infine quella di abbandonare l'isola alla mafia e chiudersi in enclave. La lucidità di questa analisi, per cui gli americani e gli inglesi erano pronti a scendere a patti con Cosa Nostra, ci ha colpito molto. Qualcuno potrebbe far notare che gli Stati Uniti, allora come oggi, in guerra si alleano sempre con le forze in campo locali di ogni tipo, scegliendo un ipotetico male minore per combatterne uno maggiore, ma anche loro col tempo hanno capito che il presunto male minore finisce col ritorcersi contro. La base storica su cui abbiamo lavorato durante le nostre ricerche è stata la relazione di una commissione d'inchiesta americana che stabilì - nero su bianco - come si creò l'alleanza, con i soldati americani che ammettevano di essere andati in occasione dello sbarco a chiedere esplicitamente supporto a Cosa Nostra, tanto che in molti paesi piccoli e grandi dell'isola l'elezione di sindaci mafiosi fu prassi proprio per garantire il controllo del territorio”.

Lei sapeva qualcosa su questo argomento prima di documentarsi per il film?
"Non conoscevo questa storia, ho iniziato a studiarla circa due anni fa, mentre preparavo una serata speciale Rai condotta da Fabio Fazio in occasione dei 70 anni della Festa della Liberazione. Mi avevano chiesto di fare un collegamento dalla spiaggia di Gela, dove avvenne lo sbarco delle Forze Alleate. In quei luoghi ho incontrato parecchi novantenni che ricordavano benissimo i soldati americani sull'isola, attesi da tempo, e usavano tutti l'espressione "non si vedeva più il mare". Una località così importante da un punto di vista storico in altri Paesi sarebbe stata subito celebrata ma da noi finora non è mai successo, sarebbe interessante e importante invece poter allestire in zona un museo simile a quello che testimonia lo sbarco costruito a Catania, nell'ex zona industriale delle Ciminiere".

"Che cosa avete scoperto sugli "accordi indicibili" dell'epoca destinati a durare nel tempo?"
"Secondo la "vulgata" più nota, nel 1943 gli americani chiesero il permesso alla mafia per sbarcare sull'isola ma questo non è vero perché la decisione fu presa ad altissimi livelli da Churchill e Roosevelt insieme a Stalin. Può anche darsi che qualche storico sposi la tesi del male minore, essendo stata la Sicilia la prima zona dell'Italia e dell'Europa ad essere liberata dagli alleati. Dai documenti dei servizi segreti americani risulta evidente che la mafia non è stata considerata come un'organizzazione da tenere alla larga in quanto criminale ma come un interlocutore alla pari. Quello che l'opinione pubblica non sa, o sa molto poco, è che la mafia dal 1943 in poi entra in un equilibrio mondiale che le permette di prosperare perché si pone in chiave anticomunista (nel 1943/44 in Sicilia il PCI è più forte della neonata Democrazia Cristiana e sta per essere realizzata la riforma agraria). Cosa Nostra ha avuto il compito di mantenere un equilibrio e un ordine prestabilito, in fondo gli alleati liberarono il Nord grazie ai partigiani e il Sud grazie alla mafia. Noi mostriamo come il boss Lucky Luciano venne scarcerato negli Stati Uniti ed estradato in Italia “per servizi resi durante la seconda guerra mondiale": gli americani non conoscevano la Sicilia e iniziarono a conoscerla tramite la mafia e questi contatti rappresentarono l'inizio di un patto destinato a protrarsi nel tempo, con la Repubblica italiana che avallò questa scelta. "In guerra per amore" potrebbe essere considerato il prequel del mio precedente "La mafia uccide solo d'estate" perché, in pratica, spiega come siamo arrivati alla mattanza… Il nostro racconto si ferma però al 1943, tutto arriva dopo, quando simbolicamente la mafia prende il potere, noi diamo solo un campanello d'allarme attraverso un monologo finale di un mafioso che prevede e annuncia quello che succederà nel nostro Paese nei decenni successivi: da allora in poi si apre un mondo che noi non affrontiamo anche se la logica porta direttamente a certe conclusioni. Sono state provate nel tempo le sistematiche repressioni delle attività sindacali, i legami della mafia negli anni '60 e '70 con i tentativi di golpe neofascisti, con associazioni e crimini di estrema destra, la loggia massonica P2 eversiva e reazionaria e le esecuzioni plateali degli esponenti progressisti di qualsiasi schieramento per cui è lecito concludere che sino alla fine degli anni 70 non c'è mai stata in Italia una reale volontà politica di combattere Cosa Nostra. Non è un caso che l'equilibrio generale si incrini dopo il 1989 quando con il Muro di Berlino in pezzi cade ogni paravento; due mesi dopo la sentenza definitiva del maxiprocesso a Palermo viene ucciso il politico di riferimento della mafia, Salvo Lima, e cambia il vento.”

La preoccupano le reazioni di politici e storici?
"Probabilmente non andrà tutto liscio come per il mio primo film ma storicamente quello che raccontiamo è inattaccabile: ho sottoposto la sceneggiatura a vari storici e tutti mi hanno dato il loro assenso. I libri pubblicati sull'argomento non sono moltissimi, ma tendenzialmente i fatti sono quelli e rivelano, ad esempio, che il governatore della Sicilia Charles Poletti, neoeletto dopo lo sbarco e responsabile degli affari civili e militari, una volta trasferitosi a Napoli aveva accanto a sé come braccio destro e interprete il boss Vito Genovese. Alcune fonti, poi, affermano anche che l'allora diciannovenne Vito Ciancimino, futuro sindaco di Palermo condannato per mafia, all'epoca aiutava Charles Poletti come traduttore a Palermo, ma sono in corso dispute tra studiosi, questa parte storica è stata tenuta volutamente tra parentesi".

"Come ha scelto i suoi attori?"
"Tutti attraverso vari incontri e provini filmati, tranne Miriam Leone perché ero sicuro, fin dall'inizio, che la Flora che cercavo fosse lei, la conoscevo un po' e non avevo dubbi. Una certa difficoltà si è manifestata per il ruolo di Philip Catelli, mi serviva un attore che parlasse bene l'italiano e l'inglese senza accento, non c'erano molti candidati ma poi mi hanno suggerito Andrea Di Stefano e sono stato fortunato, quando l'ho incontrato e filmato durante le prove ho capito che era perfetto per il ruolo. Stella Egitto l'avevo conosciuta in occasione del mio primo film quando cercavo l'attrice giusta per interpretare il ruolo della protagonista da grande (per cui poi ho scelto Cristiana Capotondi) e ne ero rimasto molto colpito, poi la bambina scelta era bionda e Stella era bruna e ancora troppo giovane e non  se ne fece nulla. Ma stavolta era giusta e ho pensato subito a lei. Stella nella parte funziona benissimo, credo sia destinata a una grande carriera perché è un'attrice seria e appassionata che studia, si documenta e si impegna molto. Per il ruolo di don Calò, impegnato nel monologo finale, ho scelto poi Maurizio Marchetti perché era tendenzialmente giusto e intonato. Mi piacerebbe lavorare sempre con gli stessi attori, come se fossimo un gruppo di amici che ogni tanto si riuniscono e decidono di fare qualcosa di concreto insieme".
Un po’ come sta accadendo anche con Wildside…
"Volevo che questo mio secondo film fosse più piccolo e agile rispetto al precedente, ma il produttore Mario Gianani mi ha detto "facciamone uno grande". Accettando mi sono ritrovato a vivere la mia prima vera e propria impresa da regista: ho imparato tanto nel lavoro di documentazione e ricerca e in fase di sceneggiatura e, inoltre, il set è stato sempre molto impegnativo con decine di comparse. È un film visivamente molto ricco, oltre gli standard dei recenti film italiani: c'è stata una sorta di vena di incoscienza che, se va tutto bene, ci premierà."

Dove avete girato?
"Abbiamo utilizzato il Cinecittà World, un parco di divertimenti alle porte di Roma, per filmare diverse scene ambientate nella finzione a New York mentre è stato difficile ricreare i luoghi e le atmosfere dell'epoca in Sicilia, perché non volevo località dove fossero stati girati altri film in passato: ho deciso di inventare una cittadina che non esiste e ho scelto Erice, un paesino sopra Trapani, a 700 metri sopra il mare. Gli altri set del film sono la Scala dei Turchi, nell'agrigentino, e Segesta, nella Sicilia nord occidentale di fronte al cui Tempio si racconta che il generale Patton abbia detto: "Ma come mai manca il tetto? Lo abbiamo bombardato noi?"


di L.D.F.
1. Arturo è un ragazzo italo-americano che, a New York, fa il cameriere. E’ innamorato di Flora, la nipote del proprietario del ristorante in cui lavora e Flora di lui. Però… quali sono i cosiddetti bastoni fra le ruote che impediscono ai due giovani di far sapere a tutti del loro amore?
2.  Perché, proprio per l’amore che lega i due giovani, quando nel 1941, gli Stati Uniti entrano in guerra, Arturo decide di arruolarsi?
3. Lo scopo del giovane arrivato in Sicilia è trovare il padre di Flora. Perché?
4. I soldati inglesi e statunitensi (tra cui Arturo) sbarcarono in Sicilia tra il 9 e il 10 luglio del 1943. Gli inglesi erano comandati dal Maresciallo Montgomery che avanzava da nord verso Catania mentre gli americani, comandati dal generale Patton, in direzione sempre di Catania, avanzavano dal sud. Chi raggiunse prima Catania, generando una situazione politica estremamente difficile tra i governi inglese e statunitense?
5. Lo sbarco in Sicilia fu il primo sbarco che avvenne in Europa durante la seconda guerra mondiale. L’altro grande sbarco degli alleati sul territorio europeo avvenne il 6 giugno 1944. Dove?
6. Arturo, in Sicilia, conobbe il tenente Carelli di cui divenne amico. Carelli aveva un compito diverso dagli altri soldati statunitensi. Quale?
7. In Italia, nel 1943, quando in Sicilia sbarcarono gli alleati, buona parte degli italiani erano convinti che in quello sbarco ci fosse lo zampino della mafia italo-americana. Perché italo-americana? E perché già gli italiani lo sospettavano?
8.  Il rapporto Scotten che l’autore ha trovato a Londra prima di realizzare il film è scritto dall’ufficiale (forse lo stesso Carelli) che venne incaricato di preparare una relazione dal titolo:”Il problema della mafia in Sicilia”. Tale relazione avrebbe dovuto essere alla base dei rapporti che gli anglo-americani contavano di stabilire con i mafiosi siciliani che li avrebbero coperti e aiutati e forse, non solo, in Sicilia. Ma questi rapporti quando, dove e da chi vennero stabiliti?
9. Nel documento Scotten si ipotizzavano tre possibilità di rapporti con la mafia siciliana:
a) Combattere la mafia per tenerla sotto controllo;
b) Accordarsi e allearsi con la mafia;
c) Abbandonare l’isola alla mafia e attraversarla solo per giungere in Calabria e continuare l’avanzata.
Quest’ultima possibilità venne esclusa e, anche se non si hanno notizie precise in merito, è lecito pensare che Roosevelt, Churchill e lo stesso Stalin erano contrari, calcolando che lo sbarco in Sicilia aveva messo in crisi non solo l’Italia ma anche Hitler che si stava affannando a far rientrare dalla Russia reggimenti tedeschi che, in quel momento storico, dopo la battaglia di Kursk stavano avanzando. Approfondite l’argomento.
10. Delle altre due possibilità, combattere la mafia o accordarsi con essa, era evidente che era poco opinabile che gli alleati, sbarcati in territorio siculo, si dovessero trovare contro non solo le truppe italo-tedesche ma la mafia stessa molto più pericolosa dei soldati nemici. Qual è la vostra opinione in merito.
11. Chi è stato Lucky Luciano e quale è stato il suo ruolo nell’accordo mafia-USA? Luciano viveva negli Stati Uniti?
12. L’accordo di cui parliamo nella domanda precedente, contribuì a rafforzare in Italia la mafia a livello internazionale poiché essa si pose come anticomunista appoggiando la Democrazia Cristiana. Quanti anni passarono e quanti delitti ci furono prima che il nostro Paese comprendesse questo malefico cambio?
13. Cambio (domanda n. 12)), poi, messo in piedi ufficialmente dagli stessi alleati. Basti pensare che l’ufficiale italo-americano Charles Poletti, eletto dagli eserciti invasori, governatore della Sicilia, giunto a Napoli, aveva come collaboratore Vito Genovese e Vito Ciancimino il boss in seguito mafioso sindaco di Palermo, come interprete.
14. Perché gli americani si appoggiarono così pesantemente alla mafia?
a) Non si fidavano degli italiani né dei monarchici (Brindisi insegna) né dei fascisti, né di chi li aveva combattuti;
b) Avendo la mafia in casa e convivendoci perché non lo avrebbero dovuto fare anche gli italiani?
c) I mafiosi erano estremamente disponibili (per loro calcoli). Perché non approfittarne?
15. Arturo riuscirà a trovare il padre di Flora? Da chi fu aiutato nella ricerca e quale fu la risposta del vecchio siciliano?


CURIOSITA’
A) In merito alla domanda n. 4), già in Africa c’era la lotta tra Patton e Montgomery tra chi giungesse per primo nella zona da conquistare. Ci riuscì sempre Patton con grande disappunto di Montgomery. Eisenhower, comandate in capo delle truppe alleate, per troncare questa diatriba che divertiva molto Patton, gli diede ordine di far arrivare a Catania per primo Montgomery e sempre dalla domanda 4) vedete come è finita?

B) Al Maresciallo Montgomery si deve la diffusione del cappotto che prese il suo stesso nome  e che egli indossava sempre.

C) E’ stata messa a tacere una brutta pagina dell’invasione in Sicilia tanto che viene data come non certa. Sembra che il generale Patton fece mettere al muro e fucilare un gruppo di soldati italiani che, resistendo prima di arrendersi, impedirono, anche se per breve tempo, la sua avanzata verso Catania.

D) E pensare che nel 1933-1934 il rinascente partito comunista era più forte della democrazia cristiana e stava per realizzare la riforma agraria. Chi materialmente glielo impedì? Portella della Ginestra insegna! Approfondite l’argomento.

I CANTASTORIE

Trama:
Roma/Sicilia/Oggi
Anna e Angelo, genitori della piccola Maria Teresa, decidono di separarsi. La crisi economica che sta vivendo l’Italia non li ha risparmiati e le loro vite sono drasticamente cambiate. La società edile di Angelo è fallita ed è costretto a fare il semplice operaio, mentre lei è un giovane avvocato concentrata a far carriera.
E’ l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive per la piccola Maria Teresa. La madre parte da sola per il week-end. Il cantiere dove lavora Angelo chiude e l’uomo sconfortato cade in depressione e in un momento di debolezza, decide di togliersi la vita. Ma Maria Teresa non entra in classe, torna a casa e con tempismo perfetto salva la vita. Angelo chiede scusa alla figlia in ginocchio e l’abbraccia piangendo. Sconvolto e desideroso di dimostrarle che il gesto che stava per compiere è un modo sbagliato di risolvere i problemi, Angelo non ci pensa due volte e d’istinto decide di partire con la figlia.
E’ sera quando Angelo e Maria Teresa salgono in un autobus dalla stazione Tiburtina di Roma con destinazione la Sicilia, terra d’origine dell’uomo.
Dopo un viaggio di una notte i due giungono nel piccolo paese dell’estremo sud, dove lui non mette piede da trent’anni. La vecchia casa dei genitori è chiusa da anni e malridotta. Il vecchio zio Peppe, un tempo cantastorie, a fatica riconosce il nipote. Padre e figlia, si mettono all’opera, pulendo e riportando luce ed acqua nell’abitazione. Poi con grande sorpresa, Maria Teresa scopre nel garage, tra le mille cianfrusaglie, un vecchio furgone con dentro vecchi e tarlati teloni, con dipinti sopra grandi e strani fumetti. Sono i vecchi teloni dello zio cantastorie.
Non trovando lavoro nemmeno come bracciante, Angelo si fa convincere dall’entusiasmo della figlia a fare il cantastorie. Ma l’uomo non ne è capace ma vuole accontentare la figlia, così chiede al vecchio zio di dargli delle lezioni. Ma una prova in riva al mare, sul tetto del furgoncino, che lo fa sembrare il Capitano Achab a caccia di Moby Dick, rivela il suo scarso talento. Il vecchio zio, dapprima lo invita a lasciar perdere, poi quando Angelo gli racconta cos’è accaduto nella sua vita, il vecchio lo incoraggia a provarci lo stesso e gli regala un telone piegato dov’è dipinta una storia mai raccontata.
Padre e figlia così partono per le strade della Sicilia a fare spettacoli. Ma in tutte le piazze il pubblico, per questo genere di vecchi spettacoli è oramai inesistente, imprigionato com’è dall’intrattenimento televisivo. Di paese in paese, di piazza in piazza, il viaggio tra Angelo e Maria Teresa, si trasforma, malgrado gli insuccessi, in un percorso esistenziale unico e irripetibile, che trasformerà per sempre le loro esistenze ed Angelo ritroverà il senso di continuare a vivere.
Gian Paolo Cugno

Regia: Gian Paolo Cugno
Con: David Coco, Tiziana Lodato, Maria Teresa Esposito
Drammatico


NOTE DI REGIA
Il desiderio di tornare al cinema puro ad una totale libertà creativa è il motivo per il quale ho scritto e girato I Cantastorie. Una necessità artistica e umana di un cineasta al terzo film, che ha iniziato ancora ragazzo dai meravigliosi bassifondi dei set, dove s’impara a fare il cinema osservando, con la testa, ma soprattutto con le mani. Non che nei miei due precedenti film non abbia avuto libertà, ma sia con Salvatore, Questa è la vita prodotto, da Walt Disney Company Italia che con La Bella Società, prodotto da Medusa film, le responsabilità, il confronto con tante persone a loro volta responsabili di un importante investimento, aggiunti alla voglia di emergere, ti fanno portare un peso sulle spalle che un po’ alla volta, inevitabilmente, toglie ai film un po’ di te stesso. Ringrazio quindi i produttori per la totale libertà da me richiesta, da loro rispettata.
Con I Cantastorie, avevo il desiderio e la necessità interiore di tornare a quel meraviglioso laboratorio che furono i miei primi cortometraggi, girati tutti in pellicola, un metodo che mi ha fatto amare il fare cinema. Con i corti, negli anni novanta, quando macchina da presa e moviola erano mezzi ancora necessari, mi sentivo un po’ come dentro il set di un film neorealista del dopoguerra, dove tutto era da inventare, tutto era meravigliosamente “precario e impolverato”, come i protagonisti e come i luoghi dove ho girato questo film. L’Italia di oggi infatti mi appare rattoppata, impolverata e precaria, com’era nel dopoguerra; solo che allora avevamo prospettive ed eravamo pieni di speranze, ciò che manca oggi. E pensare che c’è chi muore in mare cercando qui da noi quelle prospettive. Ma vale sempre la pena raccontare nei film un oggi così, invece di quello stucchevole o esclusivamente e gratuitamente violento, che straborda in cinema e tv.
I Cantastorie è un film girato dal vero “sporcandosi le mani” per le strade siciliane. Solo con questo metodo ho potuto catturare la storia che avevo in testa. Il personaggio principale, interpretato da David Coco, subisce la pressione del vivere e lavorare, del tenere insieme una famiglia, nella società italiana di oggi; ne è dilaniato interiormente al punto di volerla fare finita, La piccola figlia, con l’idea di far fare al padre il cantastorie, una pura follia per uno che fino a quel momento ha fatto l’imprenditore a Roma, riporta l’uomo, dopo il fallimento, ad una vita allo stato puro, quella che tutti noi, insieme a chi desidera stare qui con noi, dovremmo ritrovare, come il cinema e la vita che anch’io cerco di fare.



1) Nel film la piccola protagonista Maria Teresa, osserva, spia i genitori in crisi. Ha la sensibilità e la maturità di comprendere ciò che sta accadendo alla sua famiglia. Pensate che in qualche modo, i figli possano contribuire a salvare l’unione dei genitori e a salvare quindi la famiglia? O addirittura (come accade nel film) aiutarli a trovare una soluzione ai problemi?
2) Angelo, il protagonista del film, vive una grave crisi esistenziale poiché non riesce più a mantenere un tenore di vita alto alla sua famiglia, a causa della crisi che ha fatto fallire la sua società di costruzioni. Pensate che rinunciare al superfluo, a cose, beni, che si ritengono, oggi, indispensabili, faccia soffrire?
3) I Cantastorie erano artisti di strada, veri e propri raccontatori di storie, che girovagavano in cerca di pubblico, di paese in paese, spazzati via dall’avvento della televisione e dal web. Pensate che oggi abbia senso recuperare certe tradizioni?
4) Nel film padre e figlia compiono un’impresa folle come quella di partire con un furgoncino per proporre spettacoli di piazza, senza essere mai stati artisti e senza averne il ben che minimo talento. Avete un sogno nel cassetto che ritenete così folle da non avere però il coraggio di realizzarlo per paura di un fallimento o semplicemente perché provereste imbarazzo nel proporlo?
5) C’è una battuta interessante nel dialogo tra Angelo e l’artista ambulante che incontrano: “….la propria storia non si vende!”. Siete consapevoli di quanto ogni storia personale, familiare sia così preziosa da doverla custodire e utilizzare come punto di forza nella propria vita, senza svenderla mai? Avete mai pensato a ciò? Avete mai pensato a quanto preziosa è la vostra storia, in quanto, appunto vostra?
6 ) A proposito della domanda precedente, il vecchio zio Cantastorie, regala al nipote Angelo, apprendista Cantastorie, un telo con dipinta sopra “la storia più bella del mondo” dice lui. Questo telo alla fine risulterà bianco, con la propria storia da scrivere, da dipingere, da raccontare. Avete mai provato a riempire con la vostra storia, con la storia della vostra famiglia, a modo vostro, le pagine bianche di un quaderno?
7 ) Nel film la famiglia a un certo punto si riunisce, senza però che la coppia di genitori torni a stare insieme. Angelo spiega alla piccola Maria Teresa, che non comprende le ragioni e le decisioni dei genitori, che le persone a un certo punto della vita “cambiano pur rimanendo se stessi”. Sentite anche voi, intorno a voi, il cambiamento delle persone care o il vostro cambiamento?
8 ) La vicina di casa, vedendo arrivare padre e figlia, afferma che “finalmente qualcuno ritorna”. Dentro questa frase ci sono migliaia di famiglie costrette a emigrare in altre città o nazioni a causa della crisi. E allo stesso tempo da noi arrivano nuove famiglie dai paesi poveri in cerca di una vita migliore. Un’umanità quindi in continuo, inarrestabile movimento. C’è chi va via e chi arriva e, a volte, c’è qualcuno che ritorna nel “ventre materno”, come nel film, per salvarsi. Questo ventre sono le proprie origini, è la casa dove si è nati, chiusa da trent’anni. Avete un legame forte con la vostra città, con il vostro quartiere e soffrireste a lasciarli forzatamente oppure non provereste alcuna emozione dovendovi trasferire in un’altra città?
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